LE CHIESE
DELLE ORIGINI: STROPPO. IMMAGINIDELLA NATIVITÀ
Alcune tra le più
antiche chiese delle vallate della diocesi di Saluzzo, offrono al visitatore
suggestive raffigurazioni
dei fatti evangelici della Natività.
La bella
chiesa di Stroppo, è localizzata in Val Maira a 1233 metri d’altezza, qui la
contemplazione è favorita dal silenzio nell’incanto di un paesaggio pieno di
fascino che lo slancio del campanile caratterizza, richiamando l’ascensione
dello spirito. Costruita tra il sec XI
e XIII, sullo sperone roccioso che sovrasta il paese e dedicata ai santi Pietro
e Paolo, la chiesa sino al 1825 assolse la funzione di parrocchia insieme a
quella di San Giovanni Battista al Paschero.
L’edificio, che ha una semplice facciata a capanna con portale sormontato
da un arco a tutto sesto romanico e piccole aperture sui muri perimetrali,
conserva il campaniletto a vela (salvato a suo tempo dalla sollecitudine di don
Giovanni Rovera) e si propone nella sua struttura romanica su cui, dal recinto
dell’antico cimitero, s’innalza il campanile gotico con cuspide ottagonale svettante
verso il cielo. L’interno a tre navate con copertura a capriate e due navatelle
coperte a crociera, è stato affrescato da un anonimo pittore della seconda metà
del sec XIV.
Gli affreschi dell’abside minore di destra
costituiscono il gioiello iconografico della chiesa. Realizzati da un pittore
anonimo tra XIV e XV secolo rappresentano, oltre alla morte e assunzione di
Maria, le scene della Natività, l’Annuncio ai Pastori, l’Adorazione dei
Magi.
L’opera, su
cui lo sguardo indugia estatico, comunica con immediatezza il messaggio evocato dal Natale: la Parola nel silenzio si fa
carne…. Stupore e gioia, pace, mistero.
Il
dipinto, realizzato con
raffinatezza calligrafica gotica e una
precisione che rimanda ai dipinti su tavola, presenta i racconti della nascita di Gesù narrati da Luca e Matteo e
arricchiti dalle indicazioni iconografie degli Apocrifi e comunica le più
antiche concezioni teologiche della Natività espresse già nell’arte
catacombale.
Il profondo
messaggio dei Vangeli dell’Infanzia viene comunicato nella simbologia di
Stroppo in un’opera d’altissimo livello artistico e poetico insieme. Nella
semplice capanna di legno chiusa da una transenna di vimini, il Bambino Gesù
addormentato, appare “avvolto nelle fasce” e deposto in una “mangiatoia” più
comprensibile come sarcofago che come culla.
il Bambino appena nato è già avvolto nelle bende della morte.
Il racconto
della nascita di Gesù si proietta sullo sfondo della morte con cui Cristo avrebbe dato com pimento all’Incarnazione, ma subito appare il richiamo alla risurrezione:
“Gloria a Dio nell’alto dei cieli”, il Bimbo di Betlemme che deve morire
risorgerà dalla morte e sarà “il Signore”, per questo a Betlemme gli angeli
cantano una “gloria” che nel breve spazio della superficie dipinta viene
accomunata all’annuncio dei pastori: “Vi annunzio una grande gioia, oggi è nato
nella città di Davide un Salvatore. Cui fa eco la risposta dei pastori “Andiamo fino a Betlemme e vediamo questo
avvenimento”…Andarono senza indugio e trovarono….E riferirono ciò che del
Bambino era stato detto loro”. (Lc 2,10-17).
I pastori, gente disprezzata perché impura, diventano
protagonisti della manifestazione di
Dio al suo popolo e i primi evangelizzatori del Cristo. Nel dipinto sono
raffigurati nel momento più consueto e quotidiano all’alpeggio, tra i greggi,
sulle montagne pietrose e terrazzate e, mentre lo zampognaro suona la sua
cornamusa, il cane abbaia all’apparizione celeste. Accanto appaiono i Magi
definiti da un cromatismo smaltato e
caratterizzati, secondo la presentazione di Jacopo da Varazze, come re. Essi,
con la corona regale, avanzano verso il “neonato Re dei Giudei” secondo
un ritmo iconografico diventato tradizionale nel secondo millennio. Sono
guidati, secondo l’antichissima tradizione che risale a Origene (sec II),
dall’angelo-stella, angelo di luce che efficacemente esprime la notte della
luce: la nascita di Gesù, luce del mondo (Gv.12, 46)
La scena, rappresentata nella solitaria chiesetta
alpina di Stroppo, traspira del mistero e del grande silenzio
della
Notte Santa tra Maria e Giuseppe in contemplazione solo gli animali,
l’asino e il bue, figure simboliche dei
popoli evangelizzati, sono attivi a
riscaldare i piedini nudi del bambino.
Di fronte a quest’opera risuona il passo della
Sapienza: “Mentre un quieto silenzio avvolgeva ogni cosa, il tuo Verbo
Onnipotente Signore è sceso dal Cielo, dal trono regale” (Sp.18,14-15); l’amore di un Dio che “ da ricco che era si fece
povero” : sceso tra gli uomini per renderli fratelli.